Dionaea muscipula (J. Ellis)
Scheda di Coltivazione

 

Substrato: torba acida di sfagno, perlite, sabbia o ghiaia fine di quarzo, sfagno vivo o reidratato.
Ogni coltivatore ha la sua "ricetta" personale per mescolare questi materiali, ma un composto di torba e perlite (2/3 torba + 1/3 perlite oppure 3/5 torba + 2/5 perlite) è la soluzione più comune e probabilmente migliore. Sconsigliabile l'uso della sabbia e/o ghiaia di quarzo, che appesantisce il composto senza risultati positivi apprezzabili: nel caso non si riesca a reperire della perlite meglio optare per il rinvaso in sola torba pura di buona qualità.
Può aiutare la pianta, soprattutto se sofferente, avvolgere il rizoma al momento del rinvaso con fibre di sfagno, possibilmente vegetante e non secco/reidratato. Tuttavia si deve prestare attenzione a piante piccole invasate con sfagno: questo muschio può crescere molto velocemente, soffocando le piante e togliendogli luce. Nel caso, è sufficiente spuntarlo.
Alcuni coltivatori hanno avviato sperimentazioni di coltivazione in fibra di cocco, ottenendo risultati incoraggianti

Irrigazione: è pianta semi-palustre, che ama e necessita una grande quantità di acqua.
Utilizzare sempre (come del resto per la maggior parte delle piante carnivore) acqua con scarsa durezza e poco residuo fisso. Quella migliore è l’acqua da osmosi inversa, acquistabile nei negozi di acquariofilia, ma in alternativa si può raccogliere acqua piovana (scartando la prima caduta, di modo che polveri ed inquinanti vengano eliminati e lavati da tetti e altre superfici con cui l'acqua viene a contatto; evitare di raccoglierla da superfici in rame), l’acqua reperibile nei supermercati per i ferri da stiro (quella non profumata) o acque minerali in bottiglia con basso residuo fisso (controllare sull’etichetta che sia inferiore ai 50 mg/l, e comunque mai superiore ai 100), oppure utilizzare l’acqua di scarto dei condizionatori (a patto che non sia raccolta in contenitori metallici e che non contenga sostanze inquinanti o dannose per la pianta).
La Dionaea, a seconda della stagione, richiede diversi regimi di irrigazione:
Stagione vegetativa: lasciare sempre la pianta in un sottovaso con almeno 2/3 centimetri di acqua. Possono essere utilizzati, al posto dei normali sottovasi, contenitori con maggiore altezza, ma il livello dell’acqua è bene non arrivi a meno di 5 centimetri dal livello del substrato, di modo che il rizoma non sia annegato. L’acqua va aggiunta direttamente nel sottovaso, evitando di bagnare la pianta dall’alto.
Stagione di riposo: la Dionaea richiede un minore apporto idrico: il livello di acqua nel sottovaso deve essere basso (1 centimetro al massimo), lasciando asciugare fra un’innaffiatura e l’altra ma avendo sempre cura che il substrato sia umido e non secchi.
La pianta gradisce essere esposta alla pioggia, che ne pulisce le trappole dai resti delle prede e dilava il terreno, sciogliendo ed eliminando i depositi di sali minerali e altre sostanza che col tempo si accumulano in superficie. E' consigliabile tuttavia ripararla da acquazzoni troppo intensi e ovviamente dalla grandine.

Esposizione: la Dionaea è comunemente considerata una pianta molto amante del sole. E' tuttavia opportuno ripararla leggermente (con un telo ombreggiante) nei mesi estivi più caldi, quando il caldo eccessivo può causare stress alla pianta. E' invece sempre buona norma ripararla dal sole dopo il rinvaso o se sia debilitata, e dopo i trattamenti antiparassitari. E' una pianta da esterno che non deve essere tenuta in casa, specialmente durante la stagione vegetativa. Può essere riparata in serra fredda o altri luoghi idonei (un garage o cantina bene illuminati possono essere soluzioni accettabili) durante il periodo di riposo, in cui la pianta può adeguarsi ad una quantità di luce ridotta. Al nord Italia, in caso di forti gelate, può essere messa al riparo anche in posto buio solo per i giorni di freddo più intenso.

Temperature: dai 20 ai 38 gradi centigradi durante il periodo vegetativo, dai 2 ai 10 durante quello di riposo. La pianta tollera comunque bene gelate leggere, alle quali è spesso soggetta nel suo ambiente naturale. Gelate forti e prolungate possono invece portare gravi danni alla pianta ed anche la morte, per cui nei giorni di forte gelo è opportuno riparare la pianta in un luogo con una temperatura compresa fra i 2 ed i 10 gradi.

Dormienza: la pianta richiede un periodo annuale di riposo di 3/5 mesi durante la stagione fredda, in cui la Dionaea riduce il suo sviluppo. In questo periodo la temperatura non deve superare i 10 gradi centigradi, e preferibilmente non dovrebbe scendere sotto i 2, ma la pianta comunque tollera bene gelate leggere. L'apporto idrico deve essere ridotto, con poca o niente acqua nel sottovaso per evitare muffe e marciumi, avendo cura comunque che il substrato sia sempre umido.
Mentre nelle regioni a clima mite la pianta può essere lasciata all'esterno tutto l'anno, in quelle dove il clima è più rigido la soluzione ottimale sarebbe ricoverare la pianta in una serra fredda. In mancanza di questa è comunque meglio lasciare la pianta all'esterno, riparandola solo nei giorni di freddo più intenso.

Malattie/parassiti: la Dionaea è piuttosto resistente ai parassiti. E' pressoché immune alle cocciniglie (a scudo e cotonose) e poco suscettibile ai più comuni tipi di muffe (oidio e botrite), che possono colpire le parti morte della pianta senza tuttavia danneggiarne i tessuti vitali. Queste le patologie e infestazioni che più frequentemente colpiscono la pianta:

-afidi: installandosi sui giovani steli floreali e sui germogli portano deformazioni delle parti aeree e indeboliscono la pianta. Spesso l'infestazione non è chiaramente visibile, installandosi gli afidi (anche nelle forme larvali, ancor meno individuabili) nella parte inferiore della lamina fogliare o all'interno della rosetta, presso la gemma. Il primo sintomo, ancora prima che i parassiti si manifestino, può essere un leggero deperimento della pianta (anche se in effetti non è chiaro se questa deperimento sia un effetto degli afidi oppure la causa, venendo infettate di preferenza piante già debilitate) e la comparsa delle esuvie degli afidi, piccoli corpuscoli bianchi (1/2 mm al più) che sono i resti delle mute dei parassiti. Se l'infestazione è contenuta a pochi esemplari si può procedere per annegamento, immergendo completamente la pianta per 12/24 ore; la pianta ne risulterà per nulla o leggermente provata, riprendendosi completamente in pochi giorni; meglio comunque avere cautela su esemplari molto piccoli o troppo debilitati. Se l'infestazione è estesa a diversi vasi è consigliabile procedere con un antiparassitario sistemico. Ottimi sono quelli utilizzati in agricoltura biologica, reperibili nei consorzi agrari che sono caratterizzati da basse fitotossicità e tossicità per gli animali superiori e da una breve permanenza nell'ambiente del principio attivo, che si degrada dopo alcune ore (personalmente utilizzo il Lystra prodotto da Cerrus con buoni risultati, che attualmente non è più in commercio, ma vi sono molti prodotti analoghi; in un buon consorzio agrario vi sapranno consigliare). Questi antiparassitari vengono tuttavia distribuiti in confezioni piuttosto grosse e relativamente costose (1 litro di prodotto da diluire per un costo di circa 20/30 €). In alternativa un comune sprai antiparassitario può fare alla bisogna, avendo cura di sceglierne uno non troppo aggressivo (molto usato dai coltivatori di carnivore è il Provado Plus della Bayer). Nell'uso degli antiparassitari attenersi sempre alle misure e precauzioni indicate dall'etichetta della confezione, riducendo tuttavia di un terzo la dose consigliata.

-ragnetto rosso (Tetranychus urticae): acaro (appartenente alla classe degli aracnidi e non a quella degli insetti) altamente polifago, ovvero può attaccare una grande varietà di specie botaniche ortive, fruttifere e ornamentali. E' estremamente piccolo, appena visibile ad occhio nudo, a cui appare come un puntino rosso o verdastro sulle foglie o sugli steli: la sua presenza è di solito rivelata dalle lesioni (cambio di pigmentazione, ingrossamenti, galle) causate alla pianta, o dalle ragnatele che talvolta i ragnetti tessono. Si nutre del contenuto delle cellule vegetali, svuotandole una ad una: sebbene i danni causati da un singolo parassita siano insignificanti, l'infestazione è procurata da migliaia di individui simultaneamente, che possono causare una significativa riduzione della capacità fotosintetica della pianta: le foglie colpite assumono un colore bronzeo, si disseccano e possono cadere con un generale deperimento della pianta e scompensi nel suo sviluppo. Questi acari si sviluppano prevalentemente con un clima caldo e secco, temendo l'acqua che per loro è mortale (ma non per le uova). Hanno diversi predatori naturali, come il Phitoseiulus persimilis, un acaro predatore lungo 4/5 millimetri, le coccinelle e altri insetti. Negli anni recenti l'uso eccessivo di antiparassitari ha aggravato il problema del ragnetto rosso, da un lato creando individui resistenti a molti principi attivi, dall'altro distruggendo i predatori naturali del ragnetto, più sensibili agli antiparassitari del ragnetto stesso, che può moltiplicarsi indisturbato. Per questo motivo si consiglia di cercare di debellarlo in maniera naturale prima di ricorrere al mezzo chimico. Temendo acqua e umidità sulla Dionaea dovrebbe trovare un ambiente già di base sfavorevole, ma nel caso di un attacco vaporizzare sovente la pianta con acqua, avendo cura di spruzzare anche sulle lamine inferiori delle foglie, oppure immergerla completamente; sia le immersioni (che per combattere il ragnetto basta durino pochi minuti) che le vaporizzazioni vanno ripetute per un tempo prolungato, poiché sebbene il ragnetto muoia quasi istantaneamente, così non è per le uova. Utile anche la lotta biologica con i predatori naturali del ragnetto, lasciandoli agire in difesa delle piante. Utilizzarla come rimedio attivo (comprando ed inserendo nell'ambiente di coltivazione i predatori e/o le larve di questi) pare però troppo complicato e costoso per un coltivatore amatoriale, senza contare che insetti come le coccinelle finirebbero nella maggior parte dei casi inghiottiti essi stessi dalle piante che cercano di difendere! Se l'infestazione è contenuta è possibile tamponare e strofinare le parti colpite della pianta con una soluzione di acqua e alcool, rimuovendo i parassiti; soluzione tuttavia che pare poco utilizzabile come rimedio definitivo sulla Dionaea per la conformazione prostrata ed in parte interrata della sua parte aerea. Qualora questi metodi non dovessero dare i risultati sperati, passare alla lotta chimica usando un acaricida adeguato: io ho sempre usato con discreti risultati Spaikil team delle Bayer che attualmente non è però più in commercio, sostituido da un nuovo acaricida di nome Borneo che, stando a quanto indicato, dovrebbe essere molto più efficace.

-Antracnosi: si tratta di una patologia causata da funghi di generi diversi. Sulla Dionaea è causata da quelli del genere Colletotrichum (funghi simbiotici, di cui molte specie sono patogeni delle piante). Sulla Dionaea sono testimoniate infezioni di Colletotrichum gloeosporioides, ma è possibile che, delle diverse specie esistenti di Colletotrichum, anche altre siano in grado di infettare la pianta. L'infezione si presenta inizialmente con variegature più chiare sulle trappole, e con una perdita della colorazione rossa della pianta (sintomi che purtroppo possono essere causati da molti altri fattori). Successivamente le variegature diventano nere e necrotiche, e si estendono al picciolo. Le necrosi vengono aggravate dall'esposizione diretta al sole. Il fatto che i sintomi iniziali possano essere confusi con quelli causati da molti altri fattori (altre patologie o semplice stress della pianta, oppure essere semplicemente normali per la pianta in un dato periodo dell'anno), uniti al lungo periodo di incubazione dell'infezione prima del manifestarsi delle necrosi, portano da un lato spesso a non identificare un'infezione già in atto o, dall'altra parte, ad etichettare come infette piante in realtà assolutamente sane. Personalmente (ma si tratta più di un'impressione che di un dato sperimentale accertato) ritengo che un fattore importante da considerare sia la progressiva perdita della colorazione rossa. La pianta può essere dichiarata definitivamente infetta solo quando si manifestano le necrosi.
La prima cosa da fare è isolare le piante sospette per evitare che le spore prodotte dal fungo infettino altre piante, procedendo quindi ad un trattamento antifungino che a titolo preventivo deve essere esteso a tutte le piante della collezione. Riguardo le possibili cure, non ho mai avuto nella mia collezione casi manifesti di antracnosi, studiando la malattia su piante inviatemi da amici e tenute in stretto isolamento, poi distrutte. Tuttavia so che è stata usata con successo da alcuni coltivatori (ed ho utilizzato anche io come profilassi su piante sospette) una miscela di due prodotti Bayer di facile reperimento, Folicur e Previcur (il cosiddetto "beverone"), aggiungendo i due prodotti secondo le dosi consigliate in etichetta nella stessa miscela. Questo mix ha dimostrato di essere ben tollerato dalla Dionaea anche in dosaggi molto alti, ben al di fuori da quelli consigliati.

-phytium: noto anche come marciume del colletto e delle radici si diffonde rapidamente, anche da pianta a pianta, prosperando su esemplari poco rigogliosi o debilitati, in condizioni di elevata umidità e con temperature intorno ai 20 gradi. Si manifesta con chiazze scure e marciumi sulla pianta, che deperisce rapidamente, poiché al momento della comparsa dei sintomi l'infezione è già in stato avanzato. In caso di infezione isolare le piante colpite per evitare la diffusione del micelio su individui sani, e trattare quindi le piante colpite con prodotti specifici.

-virus: nonostante in passato vi sia stato un certo allarme a riguardo, non sono noti ad oggi casi di virosi sulla Dionaea muscipula. Le piante, poi analizzate in laboratorio, sono risultate infette da antracnosi.

Concimazione: solitamente la Dionaea, come la maggior parte delle piante carnivore, non necessita di concimazione, che può esserle fatale se data a dosaggi errati poiché questa pianta si è evoluta proprio per sopravvivere in terreni assai poveri di sostanze nutritive. I neofiti dovrebbero attenersi a questa regola, di non concimare queste piante.
Esistono però cloni e varietà di Dionaea in cui le trappole sono così profondamente mutate da rendere la pianta incapace di catturare delle prede (come la Dionaea "Mars"). A queste piante una scarsissima concimazione può sicuramente giovare.

Nutrizione: all'aperto provvede da sola ad attirare le prede, per cui non è necessario fornirgliene. In ogni caso, la dionaea necessita di prede vive, altrimenti la trappola si riapre rifiutando il cibo. Fornire solo insetti e mai alimenti di altro genere (carne, formaggio o altro), indigesti se non nocivi per la pianta. La pianta non deve essere ingozzata: 2/3 prede mensili sono per lei più che sufficenti.
Evitare in ogni modo di far scattare le trappole a vuoto poichè questo costa alla pianta molte energie: una stimolazione eccessiva delle trappole "a vuoto", senza che allo scatto consegua una cattura e quindi il conseguente beneficio delle sostanze nutritive fornite dall'insetto, può stressare e debilitare la pianta.

Riproduzione: la Dionaea tende naturalmente a dividersi in più piante. Inoltre può essere riprodotta sia per via vegetativa che da seme, anche se i tempi per ottenere un esemplare adulto sono relativamente lunghi (in media da 2 a 5 anni, a seconda del metodo e della varietà).
-divisione: è un processo spontaneo della pianta, ed è il modo migliore per ottenere nuovi esemplari. La pianta spontaneamente crea nuovi getti, o presso l'apice (specialmente dopo la fioritura), oppure lungo la parte più vecchia del rizoma. Questi getti, essendo attaccati alla pianta madre e quindi venendo da essa sostentati, divengono solitamente di buone dimensioni abbastanza rapidamente. Al momento del rinvaso potrebbero essere già completamente staccati dalla pianta madre, oppure nel caso non siano eccessivamente attaccati ad essa possono essere recisi e rinvasati come nuove piante. Gli esemplari ottenuti sono assolutamente identici alla pianta madre, avendone lo stesso codice genetico.
-talea di rizoma: il rizoma della Dionaea può essere sezionato in parti più o meno grandi e interrato nel normale substrato, meglio avvolgendo le sezioni con sfagno possibilmente vegetante per favorirne lo sviluppo e prevenire la formazione di muffe. Normalmente entro un mese dalla porzione di rizoma vengono prodotte una o più piante, il cui accrescimento sarà tanto più rapido quanto maggiore sarà la porzione di rizoma utilizzata e tanto maggiori le dimensioni della pianta madre (sezione del rizoma). La formazione della nuova pianta dovrebbe essere più rapida rispetto alla talea di foglia o di stelo floreale, in quanto vengono sfruttate le gemme dormienti che già sono presenti lungo il rizoma all'attaccatura della foglia. Il momento per operare questa divisione è il rinvaso, quando è agevole staccare le parti più vecchie del rizoma; in altri momenti si sconsiglia di intervenire, poichè altrimenti il rischio di disturbare o danneggiare la pianta è eccessivo. Le piante ottenute sono assolutamente identiche alla pianta madre avendone lo stesso codice genetico.
-talea di foglia: la parte inferiore della foglia, più prossima al rizoma e solitamente di colore bianco, ha una buona quantità di tessuto meristematico (meristema, ovvero costituiti da cellule indifferenziate in grado, dividendosi e moltiplicandosi, di ricreare tutti i tessuti della pianta e quindi un nuovo esemplare). Il momento migliore per operare è anche in questo caso il rinvaso, quando e semplice staccare le foglie dal rizoma "sfogliandole" (in momenti diversi da questo alcuni coltivatori utilizzano una sottile lamina di materiale flessibile - plastica, ad esempio una cannuccia per bibite tagliata - per far leva sulle foglie interrate e staccarle; tuttavia personalmente ritengo questo metodo troppo rischioso e poco produttivo, poiche operando alla ceca si rischia di danneggiare il rizoma della pianta-madre, e nel contempo sono poche le garanzie di riuscire a ottenere una foglia con sufficente tessuto meristematico). Meglio è utilizzare foglie adultee robuste: più grande sarà la foglia utilizzata migliore sarà il risultato. Possono comunque essere utilizzate anche le "coste" rimaste aderenti al rizoma, resti di foglie la cui parte esposta è seccata. Le foglie quindi devono essere interrate analogamente alla talea di rizoma. Dopo un periodo variabile solitamente da 1 a 3 mesi dovrebbero spuntare una o più nuove piantine, anc'esse identiche alla pianta madre, che dovrebbero essere adulte in 2/3 anni (ma i tempi, in generale, possono variare molto a seconda della varietà utilizzata).
-talea di stelo floreale: analoga alla talea di foglia, solo che in questo caso viene utilizzata l'infiorescenza; per le talee si consiglia di lasciarla sviluppare di modo che la porzione per la talea sia di almeno 5 cm e non più di 10. Reciderla quindi e trattarla come una talea di foglia: più sarà stata tagliata in basso maggiori saranno le possibilità di riuscita della talea (è possibile anche strapparla, nel caso il rizoma sia poco interrato o si stia procedendo ad un rinvaso. Tuttavia si consiglia prudenza poiche strappando l'infiorescenza si rischia di danneggiare la pianta).
-da seme: la riproduzione da seme è l'unica che consenta di ottenere piante diverse (con un diverso codice genetico) rispetto ai genitori. Tuttavia è poco praticata sia per il forte stress causato alle piante dalla fioritura, sia per i tempi molto lunghi per ottenere piante adulte (circa 5 anni). Il primo passo è ottenere i semi: i fiori vanno quindi impollinati. Essi sono autofertili ma non autoimpollinanti; ciò vuol dire che può essere utilizzato il polline della pianta stessa o di una sua divisione per l'impollinazione, ma diversamente da altre specie anche carnivore i cui fiori si autoimpollinano autonomamente (Drosera capensis) servirà comunque l'intervento di un agente impollinante. L'impollinazione verrà comunque a breve trattata approfonditamente in una pagina specifica. Una volta ottenuti i semi è opportuno piantarli subito, appena raccolti; in alternativa andrebbero prima stratificati. I semi andranno adagiati sul normale composto utilizzato per la coltivazione. Il semenzaio deve quindi essere posto in posizione luminosa ma non al sole diretto, per evitare che il sole faccia essiccare la parte superficiale del terreno ed il composto, e possibilmente coperto con della pellicola trasparente forata per aumentare l'umidità dell'aria (di modo che comunque la pellicola non tocchi il substrato e i semi). E' necessario prestare attenzione che cominque vi sia una certa circolazione d'aria e che la temperatura all'interno del semenzaio non salga eccessivamente. Dopo circa 1/2 mesi dovrebbero spuntare le nuove piantule.


Ultimo aggiornamento: 31 05 2012


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