Dionaea muscipula (J. Ellis)
La Storia

 

Il governatore Arthur Dobbs

Il governatore Arthur Dobbs

La prima descrizione di una Dionaea è dovuta ad Arthur Dobbs (1689-1765), nato in Scozia ma cresciuto in Irlanda e quindi trasferitosi nel nuovo mondo, ricco proprietario terriero del Nord Carolina e governatore dello stato dal 1754 al 1765. In una lettera datata Brunswick, 24 gennaio 1760 descrisse la sua scoperta all’inglese Peter Collinson:

“Ma la grande meraviglia del mondo vegetale è una specie di sensitiva sconosciuta molto curiosa; è una pianta nana; le foglie sono come l’angusto segmento di una sfera, consistenti di due parti, come la cima di un borsellino, la parte concava verso l’esterno, ognuna delle quali è ripiegata con dei margini dentellati (come una tagliola per volpi); le foglie si chiudono istantaneamente su qualunque cosa le tocchi, o che cada in mezzo ad esse come una tagliola, e imprigionano qualunque insetto o qualsiasi cosa che cada fra esse; produce un fiore bianco: a questa pianta sorprendente ho dato il nome di Acchiappamosche Sensitiva (Fly Trap Sensitive)”;
(“But the great wonder of the vegetable kingdom is a very curious unknown species of sensitive; it is a dwarf plant; the leaves are like a narrow segment of a sphere, consisting of two parts, like the cap of a spring purse, the concave part outward, each of which falls back with indented edges (like an iron spring fox trap); upon any thing touching the leaves, or falling between them, they instantly close like a spring trap, and confine any insect or any thing that falls between them; it bears a white flower: to this surprising plant I have given the name of Fly Trap Sensitive” - Hortus Collinsonianus - An account of the plants cultivated by the late Peter Collinson, Esq, F.R.S. - Swansea 1843).

Collinson, membro della Royal Society ed avido giardiniere, riuscì ad ottenere nel 1763 alcuni campioni di Dionaea da John Bartram (1699-1777) di Philadelphia, botanico ed orticulturalista definito da Linneo “il più grande botanico naturalista del mondo”.
I campioni vennero passati per essere studiati a John Ellis (c1710-1776) e Daniel Solander (1733–1782) con altri di piante nord-americane. Ellis comprese l’affinità con la Drosera, ma trattandosi di campioni secchi e non di piante vive non fu in grado di comprendere il meccanismo sensitivo di queste piante fino a quando William Young portò esemplari vivi in Inghilterra nel 1768. Nel 1769 Ellis fu il primo ad intuire la natura “carnivora” della Dionaea: intuizione che comunicò al grande Linneo in una lettera contenente la prima descrizione botanica della dionea, pubblicata nel 1770 con una tavola a colori:

Dionaea Muscipula - Tavola a colori di John Ellis

Dionaea Muscipula
tavola a colori di John Ellis

“La pianta, della quale allego una esatta riproduzione con un campione delle sue foglie e fiori (boccioli), la cui natura potrebbe essere carnivora (lett.: avere qualche intento verso il nutrimento), mostra, nel formare la giunzione superiore della foglia, una sorta di macchina per catturare cibo: sulla metà di questa giace l’esca per lo sfortunato insetto che diventa la sua preda. Molte minuscole ghiandole rosse coprono la superficie interna, e forse secernono un liquido dolce che attira il malcapitato animale ad assaggiarlo, e nel momento in cui queste parti sensibili sono stimolate dalle sue zampe i due lobi si alzano, l’afferrano velocemente, serrando la fila di spine, e la strizzano fino alla morte. Di più, per paura che lo sforzo per la vita, nella creatura così imprigionata, possa servire a liberarla, tre piccole spine erette sono fissate presso il mezzo di ciascun lobo, fra le ghiandole, che efficacemente danno fine ai suoi sforzi. I lobi nemmeno si riaprono in seguito, mentre l’animale morto giace li”;
("But the plant, of which I now enclose you an exact figure, with a specimen of its leaves and blossoms, shews, that nature may have some view towards nourishment, in forming the upper joint of the leaf like a machine to catch food: upon the middle of this lies the bait for the unhappy insect that becomes its prey. Many minute red glands, cover its inner surface, and which perhaps discharge sweet liquor, tempt the poor animal to taste them; and the instant these tender parts are irritated by its feet, the two lobes rise up, grasp it fast, lock the row of spines together, and squeeze it to death. And further, lest the strong efforts for life, in the creature thus taken, should serve to disengage it, three small erect spines are fixed near the middle of each lobe, among the glands, that effectually put an end to all its struggles. Nor do the lobes ever open again, while the dead animal continues there").

Linneo tuttavia non condivise l’opinione di Ellis sulle capacità carnivore della pianta, ritenendo il suo movimento una irritabilità analoga a quella della Mimosa pudica e che le prede venissero poi liberate dalla pianta appena avessero smesso di muoversi.
Fu lo stesso Ellis a dare il nome di Dionaea a questa pianta, ispirandosi alla mitologia greca: Dionea è infatti uno degli appellativi di Afrodite, dea greca dell’amore, della bellezza, della sessualità e della lussuria, figlia di Zeus e Dione, per ciò detta anche Dionaea.

“Stat rosa pristina nomine, dionaeae nudae tenemus”
ovvero
La Tippitiwitchet coi Denti

Ciò che noi chiamiamo con il nome di rosa, anche con un altro nome, non serberebbe pur sempre lo stesso dolce profumo? Difficile rispondere. Del resto la domanda lascia qui il tempo che trova, soprattutto perché delle Dionaea il fiore sarebbe la parte meno interessante, se non fosse per la sua nota proprietà di essere una delle maggiori cause di decesso della pianta.
A John Ellis, artefice della nomenclatura scientifica di questa pianta, questo fiore deve però essere piaciuto tantissimo, tanto da motivarne così l’attribuzione a Venere (anche detta Dionaea, figlia di Dione, da cui Dionaea): “... per la bella sembianza dei suoi fiori bianco latte, e per l’eleganza delle sue foglie, credo meriti giustamente uno dei nomi della dea della bellezza, perciò la ho chiamata Dionaea”, ("...and from the beautiful Appearance of its Milk-white Flowers, and the Elegance of its Leaves, thought it well deserved one of the Names of the Goddess of Beauty, and therefore called it Dionaea").
Oppure, forse però i gusti di Ellis erano altri...

Una 'Tipitiwitchet'

Una 'Tipitiwitchet'

Arthur Dobbs, il primo a descrivere questa pianta, in una lettera del 1760, si limitò a chiamarla “Acchiappamosche Sensitiva” (Fly Trap Sensitive); in vero, più una descrizione che un nome, probabilmente.
Fu John Bartram a trovare qualcosa di apparentemente più appropriato. Così ne parlava in una lettera a Peter Collinson dell’agosto 1762:

“Ho una pianta sensitiva inviatami dal Congaree [fiume Congaree, in South Carolina]. Una è spuntata prima del periodo del raccolto, ma il clima caldo l’ha uccisa nonostante la bagnassi ogni sera; dal momento della mietitura ne sono spuntate altre due, ma non oso lasciare che una sola goccia d’acqua tocchi la pianta, ma faccio un buco nel suolo a poca distanza dalle fibre delle sue radici e riempio il buco con acqua, alla sera, e per ora crescono bene. Differisce molto dal rovo sensitivo [difficile un’identificazione precisa di questa pianta, comunque appartenente al genere Mimosa. Potrebbe trattarsi du una delle seguenti specie: Mimosa quadrivalvis var. angustata (Schrankia uncinata), Mimosa quadrivalvis var. floridana, Mimosa (Schrankia) nuttallii, Mimosa microphylla] che chiude solamente le sue foglie al tocco e dalla pianta sensitiva [Mimosa pudica], le quali sono entrambe molto irritabili, ma delle quali la seconda è piuttosto liscia [senza spine] con steli snelli, ed entrambe chiudono le loro foglie e delicatamente si prostrano: la mia piccola tipitiwitchet sensitiva suscita risate in chiunque la osservi. C’è stato ultimamente un gentiluomo francese di Montreal che era così concitato che a mala pena si reggeva in piedi, e che ha detto che cio [la tipitiwitchet] era abbastanza per far scoppiare qualcuno dalle risate”;
(“I had a sensitive plant sent me from the congaree. One came up before harvest but the hot weather killed it tho I watered it every night & since harvest I have two more come up but I don’t dare let a drop of water touch the plant but I make a hole in the ground a little distance from the fibres of its root & fills the hole full of water in the evening and they grow yet well. It differs much from the sensitive bryer which only closeth its leaves at the touch and from the humble plant both which is very prickley but this is quite smooth slender stalked and both closeth its leaves and gently prostrates: my little tipitiwitchet sensitive stimulates laughter in all the beholders. There was lately a french gentleman from Montreal which was so agitated that he could hardly stand and said it was enough to make one burst from laughing…”, Nancy E. Hoffmann e John C. Van Horne, America's Curious Botanist: A Tercentennial Reappraisal of John Bartram 1699-1777, ).

'A horse twitch'

'A horse twitch'

Ma cos’è un tippitiwitchet? Il significato e l’etimologia del termine sono incerti. Secondo alcuni studiosi potrebbe essere stato un termine dei nativi americani, o il modo in cui la pianta era conosciuta da questi; ma non vi sono riscontri, tanto più che pare fosse conosciuta da molto pochi degli autoctoni.
Piuttosto che rivolgersi alla lingua dei nativi, molto più interessante e fruttuoso sembrerebbe essere cercare l’origine di questo termine nella lingua inglese, come ha mostrato Daniel McKinley (E.C. Nelson e Daniel McKinley, Aphrodite’s mousetrap, 1991). La parola non ha riscontri diretti, ma sarebbe un termine composto da 'tippet' e 'twitch'. Un ‘tippet’ è quindi, per la lingua inglese:
- una stola, cappa, un collare per lo più di pelliccia, di solito cascante sul davanti;
- la parte sovrabbondante e cascante di un cappuccio, di una cappa o di una manica;
- una lunga sciarpa nera indossata dal clero anglicano;
- per metafora, un cappio: “hempen tippet” ovvero stola di canapa, ne “L'ebreo di Malta” di Christopher Marlowe.
- cambiare (ma qui non appare interessante) nell’espressione 'to turn tippet'.
Twitch invece può indicare:
- una contrazione muscolare o un tic, uno spasmo, ma anche uno strattone, uno strappo o ancora una fitta di dolore acuto, fisico o mentale (rimorso);
- un attrezzo formato da un anello di corda o una cinghia, fissata ad un bastone, stretta sul labbro di un cavallo come mezzo di costrizione, ma anche una specie di tenaglia con la stessa funzione;
- un 'twitch-up' sarebbe inoltre una trappola per piccoli animali, realizzata con un ramo piegato ed una corda;
- infine, in alcuni racconti popolari il termine 'twitchet' è attestato per indicare i genitali femminili (McKinley ricorda al proposito un villaggio del Maine, dove una strada era indicata da taluni come 'Twitchet Avenue', ricordo del tipo di commercio che un tempo veniva li condotto).
Sembra opportuno ricordare anche che witched significa stregato, ammaliato, affascinato.
Tipitiwitchet’ sarebbe quindi un termine giocato sull’ambiguità fra il pericolo della trappola della pianta e quella del genere femminile, un nomignolo che deve certamente aver alimentato gli “scoppi di risa” degli amici di Bartram al cospetto della “vulva coi denti” (si ricordi inoltre il mito della “vagina dentata”, presente nei racconti popolari di molte culture).
Ellis quindi non avrebbe fatto altro, nell’assegnare la nomenclatura scientifica a questa pianta, che tradurre in termini latini ‘tipitiwitchet’. Da ciò l’attribuzione a Venere (Dionaea), dea non solo della bellezza, ma anche della sessualità e della lussuria. Muscipula, inoltre, per la lingua latina sarebbe propriamente una trappola non per mosche ma per topi (in Fedro: “post aliquot venit saeculis retorridus, qui saepe laqueos et muscipula effugerat”, “quindi dopo molti - si parla di topi - ne venne uno reso scaltro dal tempo, che sovente era sfuggito a tranelli e trappole per topi”).
La Dionaea sarebbe quindi una Venere acchiappatopi.

Dionaea sorge dalle acque

Bibliografia

- Pietropaolo, James e Patricia. Carnivorous plants of the world. Timber Press Inc., 1986.
- Patricia R. Roberts e H. J. Oosting, "Responses of Venus Fly Trap (Dionaea muscipula) to Factors Involved in Its Endemism", in Ecological Monographs, Vol. 28, N. 2 (Aprile 1958), pp. 193-218.
- Hortus Collinsonianus, an account of the plants cultivated by the late Peter Collinson, Esq., F.R.S. Swansea, 1843
- Carnivorous Plant VenusFlytrap by Makoto Honda, http://www.honda-e.com/IPW_3_Description/TX-4VenusFlytrap.htm
- PitcherPlants by Makoto Honda, http://www.honda-e.com/A06_CarnivorousPlantsStory/1-VenusFlytrap/VenusFlytrap.htm


Ultimo aggiornamento: 22 04 2012


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