Dionaea muscipula (J. Ellis)
Il governatore Arthur Dobbs “Ma la grande meraviglia del mondo vegetale è una specie di sensitiva sconosciuta molto curiosa; è una pianta nana; le foglie sono come l’angusto segmento di una sfera, consistenti di due parti, come la cima di un borsellino, la parte concava verso l’esterno, ognuna delle quali è ripiegata con dei margini dentellati (come una tagliola per volpi); le foglie si chiudono istantaneamente su qualunque cosa le tocchi, o che cada in mezzo ad esse come una tagliola, e imprigionano qualunque insetto o qualsiasi cosa che cada fra esse; produce un fiore bianco: a questa pianta sorprendente ho dato il nome di Acchiappamosche Sensitiva (Fly Trap Sensitive)”; Collinson, membro della Royal Society ed avido giardiniere, riuscì ad ottenere nel 1763 alcuni campioni di Dionaea da John Bartram (1699-1777) di Philadelphia, botanico ed orticulturalista definito da Linneo “il più grande botanico naturalista del mondo”. Dionaea Muscipula “La pianta, della quale allego una esatta riproduzione con un campione delle sue foglie e fiori (boccioli), la cui natura potrebbe essere carnivora (lett.: avere qualche intento verso il nutrimento), mostra, nel formare la giunzione superiore della foglia, una sorta di macchina per catturare cibo: sulla metà di questa giace l’esca per lo sfortunato insetto che diventa la sua preda. Molte minuscole ghiandole rosse coprono la superficie interna, e forse secernono un liquido dolce che attira il malcapitato animale ad assaggiarlo, e nel momento in cui queste parti sensibili sono stimolate dalle sue zampe i due lobi si alzano, l’afferrano velocemente, serrando la fila di spine, e la strizzano fino alla morte. Di più, per paura che lo sforzo per la vita, nella creatura così imprigionata, possa servire a liberarla, tre piccole spine erette sono fissate presso il mezzo di ciascun lobo, fra le ghiandole, che efficacemente danno fine ai suoi sforzi. I lobi nemmeno si riaprono in seguito, mentre l’animale morto giace li”; Linneo tuttavia non condivise l’opinione di Ellis sulle capacità carnivore della pianta, ritenendo il suo movimento una irritabilità analoga a quella della Mimosa pudica e che le prede venissero poi liberate dalla pianta appena avessero smesso di muoversi.
“Stat rosa pristina nomine, dionaeae nudae tenemus” Ciò che noi chiamiamo con il nome di rosa, anche con un altro nome, non serberebbe pur sempre lo stesso dolce profumo? Difficile rispondere. Del resto la domanda lascia qui il tempo che trova, soprattutto perché delle Dionaea il fiore sarebbe la parte meno interessante, se non fosse per la sua nota proprietà di essere una delle maggiori cause di decesso della pianta. Una 'Tipitiwitchet' Fu John Bartram a trovare qualcosa di apparentemente più appropriato. Così ne parlava in una lettera a Peter Collinson dell’agosto 1762: “Ho una pianta sensitiva inviatami dal Congaree [fiume Congaree, in South Carolina]. Una è spuntata prima del periodo del raccolto, ma il clima caldo l’ha uccisa nonostante la bagnassi ogni sera; dal momento della mietitura ne sono spuntate altre due, ma non oso lasciare che una sola goccia d’acqua tocchi la pianta, ma faccio un buco nel suolo a poca distanza dalle fibre delle sue radici e riempio il buco con acqua, alla sera, e per ora crescono bene. Differisce molto dal rovo sensitivo [difficile un’identificazione precisa di questa pianta, comunque appartenente al genere Mimosa. Potrebbe trattarsi du una delle seguenti specie: Mimosa quadrivalvis var. angustata (Schrankia uncinata), Mimosa quadrivalvis var. floridana, Mimosa (Schrankia) nuttallii, Mimosa microphylla] che chiude solamente le sue foglie al tocco e dalla pianta sensitiva [Mimosa pudica], le quali sono entrambe molto irritabili, ma delle quali la seconda è piuttosto liscia [senza spine] con steli snelli, ed entrambe chiudono le loro foglie e delicatamente si prostrano: la mia piccola tipitiwitchet sensitiva suscita risate in chiunque la osservi. C’è stato ultimamente un gentiluomo francese di Montreal che era così concitato che a mala pena si reggeva in piedi, e che ha detto che cio [la tipitiwitchet] era abbastanza per far scoppiare qualcuno dalle risate”;
'A horse twitch' Piuttosto che rivolgersi alla lingua dei nativi, molto più interessante e fruttuoso sembrerebbe essere cercare l’origine di questo termine nella lingua inglese, come ha mostrato Daniel McKinley (E.C. Nelson e Daniel McKinley, Aphrodite’s mousetrap, 1991). La parola non ha riscontri diretti, ma sarebbe un termine composto da 'tippet' e 'twitch'. Un ‘tippet’ è quindi, per la lingua inglese: - una stola, cappa, un collare per lo più di pelliccia, di solito cascante sul davanti; - la parte sovrabbondante e cascante di un cappuccio, di una cappa o di una manica; - una lunga sciarpa nera indossata dal clero anglicano; - per metafora, un cappio: “hempen tippet” ovvero stola di canapa, ne “L'ebreo di Malta” di Christopher Marlowe. - cambiare (ma qui non appare interessante) nell’espressione 'to turn tippet'. Twitch invece può indicare: - una contrazione muscolare o un tic, uno spasmo, ma anche uno strattone, uno strappo o ancora una fitta di dolore acuto, fisico o mentale (rimorso); - un attrezzo formato da un anello di corda o una cinghia, fissata ad un bastone, stretta sul labbro di un cavallo come mezzo di costrizione, ma anche una specie di tenaglia con la stessa funzione; - un 'twitch-up' sarebbe inoltre una trappola per piccoli animali, realizzata con un ramo piegato ed una corda; - infine, in alcuni racconti popolari il termine 'twitchet' è attestato per indicare i genitali femminili (McKinley ricorda al proposito un villaggio del Maine, dove una strada era indicata da taluni come 'Twitchet Avenue', ricordo del tipo di commercio che un tempo veniva li condotto). Sembra opportuno ricordare anche che witched significa stregato, ammaliato, affascinato. ‘Tipitiwitchet’ sarebbe quindi un termine giocato sull’ambiguità fra il pericolo della trappola della pianta e quella del genere femminile, un nomignolo che deve certamente aver alimentato gli “scoppi di risa” degli amici di Bartram al cospetto della “vulva coi denti” (si ricordi inoltre il mito della “vagina dentata”, presente nei racconti popolari di molte culture). Ellis quindi non avrebbe fatto altro, nell’assegnare la nomenclatura scientifica a questa pianta, che tradurre in termini latini ‘tipitiwitchet’. Da ciò l’attribuzione a Venere (Dionaea), dea non solo della bellezza, ma anche della sessualità e della lussuria. Muscipula, inoltre, per la lingua latina sarebbe propriamente una trappola non per mosche ma per topi (in Fedro: “post aliquot venit saeculis retorridus, qui saepe laqueos et muscipula effugerat”, “quindi dopo molti - si parla di topi - ne venne uno reso scaltro dal tempo, che sovente era sfuggito a tranelli e trappole per topi”). La Dionaea sarebbe quindi una Venere acchiappatopi.
Bibliografia
- Pietropaolo, James e Patricia. Carnivorous plants of the world. Timber Press Inc., 1986. Ultimo aggiornamento: 22 04 2012 Torna alla HOMEPAGE - Sito sviluppato da Andrea M. "Steam" Rivolta -
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